Beatrice Archesso
Sei chef per un menu a più mani intrecciando tradizione e innovazione, Ossola e Oriente.
L’inizio è alle 19:00 sulla terrazza della Baita Motti dell’alpe Lusentino, da raggiungere con la seggiovia di Domobianca365. La quota – 150 euro inclusi aperitivo, vini in abbinamento, dopocena e viaggio in seggiovia, sostiene le Tredicesime dell’Amicizia assegnate nel Vco da Specchio dei tempi.
Le due stelle Michelin di chef Marco Sacco, anima del Piccolo lago di Verbania, si riflettono nell’antipasto.
La parola d’ordine di Chef in quota 2024 è “Identità in cucina”, concetto a lei caro.
“È così, ho sempre amato profondamente il mio territorio e questo affetto lo trasmetto nei piatti, dalla materia prima alla fase creativa”.
A Chef in quota porta un suo grande classico, il Flan di Bettelmatt. Identitario?
“Non potevo che portare il flan, nato andando a scoprire gli alpeggi del Bettelmatt in Ossola, parlando con gli alpigiani che producono questo eccellente formaggio. Trent’anni fa siamo andati da loro d’estate, prendendoci il tempo per conoscerli. Come nasce il piatto? Il flan è tipico piemontese, di solito con verdure, il cardo, il peperone. Noi l’abbiamo interpretato con il formaggio “nostro” abbinato alle pere, che sovente da queste parti si mangiano in mostarda, e ai mirtilli (in salsa speziata, ndr), che si vedono camminando d’estate in Ossola”.
Il piatto, se ha resistito nel tempo, significa che ha avuto successo.
“Quando “La Cucina italiana” l’aveva pubblicato ero tornato dagli alpigiani portando la rivista e facevo vedere come il loro formaggio si era trasformato in una proposta d’eccellenza: il prodotto si vedeva riconosciuto il proprio valore, era apprezzato dal grande pubblico. È un ruolo che uno chef deve avere. Da lì, ormai tanti anni fa, ricordo poi l’incontro al Piccolo lago in cui si gettarono le basi per la nascita del consorzio di produttori di Bettelmatt”.
Lei è sempre stato molto legato al territorio. Lago a parte, la montagna come si rispecchia nella sua cucina?
“Nella pesca, quindi il pesce di lago e di fiume (Sacco è anche presidente dell’associazione Gente di lago e di fiume, ndr), nella carne e, in modo particolare, nel formaggio. Invece di fare arrivare il prodotto in cucina siamo noi che andiamo a cercarlo. Ci capita di uscire con la barca con un pescatore di notte o di organizzare una passeggiata in montagna per scoprire prodotti: conoscere il territorio è importante per avere consapevolezza del prodotto”.
Questa è anche un’occasione per ritrovarsi tra colleghi. Come vive questi momenti?
“Con tutti c’è una relazione costante nel tempo e si creano legami che fanno anche nascere nuovi concetti di cucina. Ognuno presenta il territorio con il suo format ma la visione è unica. Un territorio deve uscire unito e non frammentato”.
È sempre stato vicino a Chef in quota dalla prima edizione. La beneficienza è, parlando di cucina, la ciliegina sulla torta?
“Tutto ciò che abbiamo detto finora è importante, se poi il ricavato va in beneficienza si chiude il cerchio. Partecipiamo per spirito di collaborazione ma la vera gloria è lo scopo benefico”.
L’ospite “esterno” al Lusentino è chef Giancarlo Morelli, suo amico.
“Ormai Giancarlo è diventato un “lacustre” anche lui. Anzi, sciaboleremo insieme per festeggiare il suo compleanno!”