Da 42 anni sulle orme di Gigi Ghirotti

Angelo Conti

Non era facile, 50 anni fa, raccontare di una malattia, allora implacabile e quasi sempre mortale. Ma Gigi Ghirotti ci riuscì, usando la sua storia ed anche le sue paure, per scavare sulla condizione di malato, sullo status di uomo fragile davanti ad una sanità spesso incerta, talvolta smarrita, qualche volta ignorante. Questo percorso ci è stato lasciato attraverso una intensa documentazione: inchieste, servizi televisivi, un libro, articoli su La Stampa, il suo giornale.

Raccontò per la prima volta della sua malattia nel maggio del 1972, ne morì il 17 luglio di due anni dopo. Ghirotti ha lasciato il segno, anche per l’emozione che seppe trasmettere, raccontando il viaggio “nel tunnel della malattia” (proprio così titolava il suo libro). La gente lo seguì, si appassionò persino alla sua lotta. E così, la sua morte ebbe risonanza profonda.

Per non disperdere il suo insegnamento e la sua passione, nacque così a Torino – anche grazie ad una sottoscrizione popolare sostenuta da Specchio dei tempi – una sezione dell’associazione nazionale (oggi ancora attiva in una decina di città) che porta il suo nome. Decine di borse di studio, lavori scientifici e convegni, tutti in ambito oncoematologico, sono stati così posti in essere nell’arco di 42 anni di continua attività.