Abigail, la ragazza venezuelana che non vuole morire

Elisabetta Rosso

“Qui non sopravvive”. Abigail, per tutti “Abi“, sente quelle parole mentre è distesa su un letto dell’ospedale Dr. Luis Ortega di Porlamar, Venezuela, con la gamba viola vinaccia pulsante di dolore. “Sapevo che era vero, e avevo paura”, dice Abigail con la voce più bassa, mesi dopo, seduta su un altro letto, quello del CTO di Torino. Specchio dei tempi, insieme ai medici piemontesi e ai lettori de La Stampa, si sta prendendo cura di lei.

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La sua storia è drammatica. Tutto inizia la sera del 2 settembre 2017. Abigail stava cenando con la sua famiglia. Si alza, sale al piano di sopra, entra nella sua stanza per recuperare il cellulare. Scende il primo gradino, il tallone perde l’equilibrio, la gamba cede, “ho sentito una fitta lancinante e un crack”, rimarca il suono con la voce squillante e una smorfia di dolore sul volto. Arriva in pronto soccorso, non riesce a muovere la gamba che è scomposta a causa della frattura. Parte da qui il lunghissimo percorso che costringerà Abigail a stare ferma in un letto di ospedale per mesi, tra speranze di guarigione e ricadute pesanti, spesso dovute alla negligenza di un sistema sanitario che non ha i mezzi per sostenere cure e interventi.

“In Venezuela se vuoi operarti devi pagare tutto tu, di per sé la sanità è pubblica ma non hanno fondi e per noi trovare i soldi è stato un problema” spiega. Il 31 ottobre  compie 17 anni in ospedale e le viene diagnosticato un tumore osseo grave. Il medico dice che la gamba è da amputare. Abigail prende il cellulare, scorre alcune immagini, poi gira lo schermo e mostra le foto della sua gamba, “qua l’avevano perforata per allungare l’osso. Ma non è servito a molto. I medici evitavano il mio caso perché troppo difficile, non sapevano come trattarlo. Mia mamma ha dovuto rimettermi a posto la gamba dopo la frattura, mentre io tenevo un panno bagnato stretto tra i denti”, spiega Abigail. Dopo mesi di cure sbagliate, alla fine, grazie ad un innesto osseo si riesce ad asportare il tumore e a salvare la gamba.

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Passano quattro anni. Abigail riprende a piccoli passi la sua vita, si sposa, comincia a studiare medicina, ma è una parentesi temporanea perché l’innesto si infetta, è grave. L’operazione non è stata fatta bene. Abigail torna in ospedale, torna il dolore, le pillole, il bianco asettico delle corsie con le luci pallide.

“Non me lo dissero subito, ma la gamba peggiorava. Poi l’ho saputo: non sarei sopravvissuta all’infezione, almeno non lì. E io non avevo più la forza per vivere”. È l’arrivo di Beatrice a sparigliare le carte, è venezuelana, vive a Napoli, è come una zia per Abigail, “la conosco da sempre, era scesa per andare a trovare sua madre. Appena mi vede si mobilita, chiama, cerca, insomma alla fine trova un’associazione che è disposta ad aiutarmi, che mi paga il viaggio e l’accoglienza”, racconta Abigail. Poi tira fuori dalla sua borsetta rossa trapuntata il biglietto aereo con data 22 aprile, “con questo sono arrivata in Italia”, sorride e lo tiene qualche secondo tra il medio e l’indice.

Abigail lotta contro il cancro da quando ha 17 anni

Si attiva una rete solidale. Abigail arriva a Napoli, ma è una tappa breve perché i medici del CTO la stanno già aspettando a Torino. Il testimone passa a Specchio dei tempi, che, insieme ai suoi lettori, sosterrà Abigail e finanzierà le spese mediche. “Ho superato la prima operazione, ora aspetto la seconda sempre qui al CTO”. Abigail ci saluta con un grazie, ripetuto almeno cinque volte nell’ultimo minuto di conversazione. Un grazie che le riempie le labbra e invade tutto il resto: la sentenza di morte sembra ormai lontana e il cammino verso una nuova vita forse è cominciato.

Come aiutare Abigail

Tutti possono aiutarci sostenendo la raccolta fondi “Per Abigail”. Si può donare online cliccando qui. Oppure con un bonifico sul conto corrente intestato a Fondazione La Stampa Specchio dei tempi ONLUS IBAN IT67 L0306909 6061 0000 0117 200 Banca Intesa Sanpaolo. Nella causale è sufficiente indicare “Per Abigail”.

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