Covid, donata una radiologia mobile alle Molinette

Angelo Conti, La Stampa 02/04/2021

Ad andare in tilt negli ospedali, sotto la pressione del Covid, sono soprattutto le radiologie. Il flusso di malati positivi deve essere tenuto ben separato da quelli negativi e spostare lungo reparti e corridoi persone potenzialmente in grado di contagiarne altre è rischioso. Specchio dei tempi è così intervenuto alle Molinette donando una apparecchiatura radiologica mobile di ultima generazione. Ospitata al Pronto Soccorso, nel reparto del dottor Giorgio Limerutti, è impiegata da stamattina per effettuare accertamenti diagnostici di estrema qualità al letto di ogni paziente, senza bisogno di spostamenti di sorta e con abbattimento dei rischi di contagio.

Dona per gli ospedali

“Si tratta di una apparecchiatura preziosa – ha spiegato il dottor Limerutti – anche perché è in grado di effettuare un gran numero di prestazioni. Nelle prime 24 ore di attività ne faremo oltre 50. Ne scaturisce un lavoro molto più rapido e molto meno rischioso”. Presente, ieri mattina alla vernice, anche il dottor Giovanni La Valle, direttore generale della Città della Salute, che ha sottolineato la costante presenza di Specchio dei tempi a sostegno dell’ospedale durante tutta la pandemia. A rappresentare i lettori de La Stampa, c’era il vicedirettore Marco Zatterin che ha ribadito come il giornale sappia costituire anche una comunità attenta e solidale, sempre pronta a mettersi al servizio di chi soffre.

Dona per gli ospedali

L’apparecchiatura donata alle Molinette è una “Mobilett Elara 50” della Siemens in grado di offrire esami di qualità assolutamente pari alle più sofisticare radiologie fisse. E’ costata circa 80.000 euro, interamente elargiti dalla Fondazione La Stampa – Specchio dei tempi nell’ambito della sottoscrizione lanciata per contrastare il Coronavirus. Un progetto che continua ogni giorno con aiuti a pubbliche assistenze, ospedali, famiglie e piccole attività in crisi per la pandemia.

I tablet di Franca ricordano Elio e aiutano i pazienti Covid

Di Beppe Minello, La Stampa 30/12/20

“Franca, Franca, Franca: sto morendo”. L’ultima telefonata di Elio B., 85 anni, alla moglie Franca, di 80, le è arrivata mentre la donna, in auto, stava correndo verso le Molinette dove il marito era stato ricoverato un mese prima per una polmonite mai evolutasi in Covid ma che non ha risparmiato all’uomo il calvario di tutte le vittime della pandemia. “Le parole di Elio, quell’insolito chiamarmi per nome lui che mai, al telefono, l’aveva fatto, mi hanno fatto capire che era finita” ricorda la signora Franca che, nel mese trascorso dal marito alle Molinette, quasi mai è riuscita a vederlo. A dare un conforto all’uomo con cui ha condiviso la vita.

Telefonava, certo, il signor Elio con il suo cellulare (“Eccomi con il bollettino medico” diceva cercando di non far pesare la propria angoscia sui suoi cari) e scriveva nel disperato tentativo di chiedere aiuto. Gli ultimi foglietti sono lì, quasi una reliquia fra le mani di Franca, due grandi occhi chiari esaltati dalla mascherina anti contagio, che chiedono: “Aiutatemi a decifrare ciò che mi ha scritto Elio, non ci riesco: continuo a cavarmi gli occhi ma sono segni incomprensibili. Chissà com’era disperato e la fatica che avrà fatto per lasciarmi queste parole”.

Elio è spirato quasi un mese fa ma la signora, la nipote, i figli, tutti i parenti di quell’omone di origine canavesana la cui famiglia, fino a qualche anno fa, gestiva una fiorente attività di compravendita di auto a Nichelino, non vogliono che il suo calvario passi senza lasciare un segno. Le difficoltà dei reparti ospedalieri dedicati ai malati di Covid, non solo quelle delle Molinette dov’è finito Elio, hanno offerto alla signora Franca, come a tutti i parenti dei malati che si sono trovati impossibilitati ad avere un contatto umano o anche solo visivo con essi, mille spunti di polemica dolorosa offerti da una situazione di emergenza dove il cuore di medici e infermieri passa necessariamente in secondo piano rispetto alle dolorose terapie da applicare per salvare le vite umane loro affidate.

“Non credo sia giusto polemizzare perché sminuirebbe il sacrificio fatto da mio marito” dice la signora Franca. La quale, nel suo piccolo ma dopo aver affrontato una grande tragedia, è arrivata alla conclusione che la cosa che più ha fatto soffrire lei e suo marito è stata l’impossibilità di “potersi dire ‘Ti voglio bene, ti ho sempre voluto bene’ guardandosi negli occhi” spiega trattenendo le lacrime. La signora Franca si è rivolta a Specchio dei tempi e ha chiesto di essere aiutata per donare due tablet al reparto “Sub intensivo Covid Cicap 1 dov’è spirato l’uomo della sua vita e che fa parte della Pneumologia diretta dal professor Carlo Albera ed è affidata al primario Alessio Mattei e al coordinatore Covid Cicap Giuseppe Gallone.

Un “regalo” accolto con un sorriso di gratitudine dai medici. “In primavera – ricordano Mattei e Gallone – ne avevamo alcuni dati dalla Tim che, però, finita la prima emergenza se li è ripresi a giugno e, oggi, l’ospedale non ha la possibilità di acquistarne di propri”. Una goccia nel mare di necessità che affligge il reparto ma “utilissimi – spiega Mattei – per il benessere dei ricoverati, la stragrande maggioranza dei quali sono anziani e con cellulari, quando li posseggono e riescono a portarseli in ospedale, di vecchia generazione con i quali non è possibile fare videochiamate. Quando questo inferno finirà, i due tablet potranno essere utilizzati per le terapie”.