Paola Scola
Il racconto di Lucia sulla sua anoressia ha aperto un dibattito. L’allarme sui disagi nella nutrizione è aumentato dopo la pandemia.
A scoperchiare il vaso di Pandora è stata Lucia. La liceale di Cuneo che, scrivendo un racconto per il concorso letterario giovanile organizzato dai maestri artigiani della pasticceria «Chocolat d’Art», non ha semplicemente vinto. Ha commosso con i ricordi d’infanzia, le speranze da adolescente e, soprattutto, l’ombra scura che – quando tutto sembrava destinato a fiorire – si è stesa su di lei: l’anoressia. Una parola che fa ancora paura e che, per questo, viene sottovalutata e ignorata. Con il rischio di lasciar solo chi si trova ad affrontare la sfida. Di non sostenerlo quando, invece, è fondamentale affiancarlo e sostenerlo, in una lotta destinata a non finire tanto presto.
Ma Lucia, scrivendo quel racconto, ha chiamato con il suo nome quello che «si è impossessato» di lei: «Potevo essere me stessa solo grazie alla danza, quando la musica si è fermata l’ho fatto anche io. Ho imparato a non cercarmi più, ad accontentarmi di non avere una vera identità: ho imparato ad esistere senza vivere. Caro diario, ora ho 17 anni e la mia vita è appesa a un filo… Non ho la forza per amare o pensare e, ad essere sincera, non so se ci sarà mai un “Caro diario, ho 18 anni”».
La Stampa ha pubblicato quel racconto. E si è aperto il dibattito corale. Con l’intervento di Francesco Risso, direttore del Dipartimento interaziendale di Salute mentale dell’Aso S.Croce-Asl Cn1. Il professionista che da anni, in particolare dopo la pandemia, segnala con costanza l’urgenza di intervenire a fianco di ragazzi e giovani, sempre più protagonisti involontari di disturbi legati alla salute mentale. Dal comportamento all’alimentazione. «Rispetto alle generazioni precedenti, le ragazze e i ragazzi di oggi vivono e rispondono in modo più autentico e sincero nel rapporto con adulti, famiglia, scuola, ambienti dello sport e setting di cura – ha sottolineato Risso -. La condizione essenziale, però, è che dall’altra parte ci si ponga in un ascolto empatico e attento». E sull’anoressia: «Purtroppo molta ignoranza e pregiudizio sono ancora presenti nella nostra società a fronte di un disturbo mentale così grave. Ma si può guarire e tornare a splendere come prima, affidandosi a professionisti specializzati». Il Dipartimento di Salute mentale ha creato un Centro dedicato ai Disturbi dell’alimentazione e nutrizione, a Villa Santa Croce (in corso Francia 10). Nella struttura esiste anche la possibilità dei pasti assistiti, «per accompagnare le giovani pazienti nel momento più critico della giornata». Risso: «Quest’opportunità da alcuni mesi è rivolta anche alle più piccole, in collaborazione stretta con il servizio di Neuropsichiatria infantile. Sottolineo l’importanza fondamentale di essere presi in carico da un team di psichiatri, psicoterapeuti, nutrizionisti, dietisti, infermieri professionali e personale di assistenza, formati che lavorano insieme in un luogo dedicato».
«Fondamentale affidarsi alle cure dei professionisti e fidarsi, ma altrettanto lo è il ruolo dei genitori, che diventano pilastri di sostegno, pazienza e amore incondizionato», ha detto Maura Acconci, presidente dell’associazione «A-fidati», nata nel 2019 a Dronero e attiva in provincia, sui temi di anoressia, bulimia, alimentazione compulsiva (binge eating).
L’esordio è in età sempre più precoce, ha spiegato Corradina Esposito, primario di Psichiatria al Carle di Cuneo: «I minori ricoverati lo sono soprattutto per tentativi anti conservativi o disturbi del comportamento e alimentazione, che sono sempre più frequenti e ora interessano non solo il sesso femminile, com’era fino a un decennio fa, ma anche quello maschile. Con un’età di esordio sempre più bassa, addirittura gli 11-12 anni». In un congresso ad Alba, lo scorso anno, Giovanni Abbate Daga, docente di Psichiatria all’UniTo e direttore del Centro regionale Disturbi alimentari di Torino, ha parlato di «aumento drammatico dei casi, soprattutto tra 14 e 18 anni, fino ai 21-22 anni, situazioni che poi tendono a cronicizzarsi fino all’età adulta». E ha citato i dati raccolti dai centri preposti di Asl Cn1 e Cn2 (struttura Nutrizione e Disturbi del Comportamento alimentare a Verduno): 8% di ragazzi a rischio, includendo tutte le patologie.