Era il 1966 e migliaia di lettori de La Stampa si rivolsero a Specchio dei tempi per fare qualcosa per la carestia in India. I nostri charter stracolmi di viveri decollarono dall’aeroporto di Torino: fu l’inizio di una straordinaria storia di solidarietà internazionale che ancora oggi vede la fondazione protagonista in tutto il mondo. Se infatti il 90% circa delle donazioni vengono impiegate a Torino e in Italia, è vero pure che da sempre destiniamo una parte delle nostre risorse per interventi all’estero. Iniziative pluriennali, non mordi e fuggi, che hanno come obiettivo la crescita delle comunità dove operiamo.
Con questa logica dal 2012 lavoriamo ad Hargheisa, in Somaliland, dove abbiamo costruito un ospedale pediatrico: i nostri medici hanno formato il personale locale e ogni anno riusciamo a salvare la vita di migliaia di bambini. Con lo stesso spirito siamo presenti in Myanmar, dove curiamo i bambini delle comunità più povere e sperdute utilizzando cliniche mobili allestite su barche e fuoristrada. Non ci fermiamo di fronte a niente: in Nepal abbiamo realizzato una scuola a 4000 metri, alle pendici dell’Everest.
In Messico ne abbiamo ricostruita una sotto un vulcano ancora attivo, in una zona senza copertura telefonica, dove abbiamo dovuto portare noi la connessione Internet. Siamo stati nei campi profughi siriani, per donare speranza (e corsi di inglese e di informatica) ai piccoli scampati all’Isis. Siamo ogni giorno accanto a 25 bimbe cingalesi vittime di abusi, che i tribunali dello Sri Lanka ci hanno affidato. È il nostro impegno contro la violenza sulle donne: un villaggio dove le ragazzine possono studiare, giocare e riconquistarsi una vita normale. Crediamo che ogni bambino meriti di poter crescere sereno e sognare. E che ovunque ci sia qualcuno che soffra, lì debbano arrivare il nostro aiuto tempestivo e l’affetto dei nostri donatori. Un affetto che non conosce confini.