Specchio dei tempi Negozi Amici: la storie del Pastificio Sapori, una colonna della...
5 Marzo 2024

Negozi Amici: la storie del Pastificio Sapori, una colonna della tradizione culinaria torinese.

Beppe Minello

La famiglia di lui è di origine sarda. La moglie è campana. Due culture gastronomiche che hanno arricchito il “Pastificio Sapori”, una colonna della tradizione culinaria torinese. Un tempo c’era il locale storico di via San Tommaso poi sdoppiatosi in via Mazzini 36/a. Oggi è rimasto solo quest’ultimo e a guidarlo, da alcuni anni, ci sono Alessandra Volpe – ex-dipendente della gastronomia – con il marito Giovanni Antonio Catta, due “cinquantini”, e anche qualcosa di più per dirla alla Camilleri, che ci mettono anche qualcosa di più della passione richiesta.

Tra agnolotti alla Cavour (“Niente coniglio, solo vitello e maiale, spinaci, uova e parmigiano”)  e insalata russa (“Con la verdura tutta tagliata a mano”), c’è anche posto per dedicarsi alle iniziative di Specchio dei tempi come fanno oltre 400 attività commerciali di tutto il Piemonte che aderiscono al progetto “Negozi amici”.

E’ stato Catta, che è anche presidente dei commercianti del Borgo Nuovo (oltre 300 iscritti), a mobilitarsi per trovare un luogo dove organizzare sotto Natale uno spettacolo di cori gospel. “I tempi erano stretti – ricorda il gastronomo – ma siamo riusciti a coinvolgere il parroco di San Massimo che ci ha permesso di usare la chiesa”.

Catta deve essere riuscito nella non semplice impresa perché, evidentemente, ha utilizzato l’entusiasmo con il quale guida e racconta la sua avventura commerciale. La quale, oggi, dà lavoro a 7 persone che giostrano nel profumato locale di via Mazzini. La cucina è a vista e ci sono tavolini per una decina di coperti che ospitano clienti tutto il giorno, affascinati e tentati dalle bontà dei piatti che possono ammirare dietro il cristallo del bancone. “Ma la maggioranza – racconta Catta – viene per le nostre paste ripiene, ovviamente cotte al momento nella nostra cucina”.

Degli agnolotti di Cavour abbiamo già detto, ma ora è agli sgoccioli il tempo del  “Gobbo d’Asti”, un agnolotto che “prevede la verza che è ormai a fine stagione e, siccome lavoriamo a km zero e con verdura fresca che ci arriva da Santena, per poterli mangiare nuovamente bisognerà attendere la prossima stagione fredda”.

Ma le alternative non mancano e, in virtù delle origini dei due titolari, la scelta spazia dai culurgiones sardi al tortello napoletano passando per i cappelloni ricotta e spinaci e i minuscoli tortellini emiliani.  “E comunque, se utilizziamo zucche, queste arrivano da Mantova, i pistacchi da Bronte, la cipolla da Tropea, l’olio evo da un piccolo coltivatore dell’Avellinese, al confine con la Puglia”.

“Proporre piatti con prodotti di stagione – spiega Catta – è anche un modo per diffondere cultura culinaria. Quando non c’è quello che si desidera, il cliente è obbliato ad aprirsi ad altre esperienze. Vale in cucina, ma vale anche per tutto il resto”

Gli imprenditori bravi, gastronomi e no, hanno sempre un occhio rivolto al futuro. Quello di Catta guarda altre città, magari Milano, dove esportare l’esperienza di via Mazzini “ma calandola nella realtà dei prodotti e delle tradizioni culinarie locali”. La moglie Alessandra, anima della cucina, studia invece nuovi ripieni per la pasta, da provare e magari brevettare. La tradizione, infine, non impedisce ai gastronomi di via Mazzini di proporre una linea di pasta a basso contenuto di carboidrati della linea “Light flow” e di diffondere il sapere artigiano con corsi di pasta che si tengono il sabato pomeriggio.

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