Ludovico Einaudi il 29 novembre al Lingotto. “Bello suonare per le Tredicesime dell’Amicizia”

Alessandra Comazzi

Ludovico Einaudi, il grande pianista e compositore, torna in concerto a Torino, con il concerto di Natale che ogni anno «Specchio dei tempi» organizza: il ricavato va alle Tredicesime dell’amicizia, il tradizionale sollievo che l’associazione porta agli anziani in difficoltà.

Appuntamento martedì 29 novembre, ore 20,45, all’Auditorium del Lingotto. I biglietti sono in vendita su vivaticket.com.

Maestro Einaudi, che cos’è per lei la beneficenza?
«Preferisco parlare di aiuto. Aiuto a progetti che hanno un senso, e che danno un senso anche alla mia attività. Quando c’è una bella occasione, come questa, dare un contributo mi piace».
Lei viaggia tantissimo, dirige e suona in tutto il mondo: dove si trova adesso?
«A Dogliani, a casa mia, dove ho lo studio di registrazione. Quando devo registrare con un’orchestra, vado altrove. Ma se sono solo, o con pochi musicisti, lavoro qui. Adesso per esempio sto registrando la musica per un film francese, della scrittrice e regista Laetitia Colombani, tratto dal suo libro “La treccia”».
E dunque qual è il suo rapporto con Dogliani, terra di origine di suo nonno Luigi, il primo presidente della Repubblica Italiana eletto dal Parlamento, e di suo padre Giulio, il fondatore della casa editrice?
«È il mio punto di riferimento, è il luogo dove mi sento a casa. Più passa il tempo, più mi sento legato a questa terra e avverto l’importanza delle radici».
È pesante l’eredità di una famiglia come la sua?
«Il peso lo sentivo soprattutto da piccolo. Ma da quando ho delineato il mio percorso autonomo, sono sereno. Ho avuto la fortuna di avere una mamma che suonava il pianoforte, e che ha portato la musica in casa, e mi ha fatto appassionare».
Che cosa eseguirà a Torino?
«Presenterò il mio ultimo album, “Underwater”, che ho realizzato durante la pandemia. E poi, con il mio gruppo di tre musicisti, compirò un viaggio attraverso il mio repertorio».
A proposito di pandemia: lei come l’ha vissuta?
«Sia detto con il massimo rispetto per il dramma che tutti abbiamo subito: io non sono stato male, in questa dimensione per me nuova, senza l’ansia continua di fare cose. Si sono come aperti confini dimenticati, è stata un’occasione per muovermi di meno, per rimanere di più con la mia famiglia, pensi che quando hanno chiuso tutto, nel marzo del 20, noi stavamo facendo una settimana bianca. Così, nella prima parte della chiusura, siamo stati in montagna. Poi a Dogliani. Mi sono ripreso i tempi del mio lavoro, che ha sempre bisogno di riflessione».
E adesso?
«Adesso tutto è ricominciato, con molta frenesia».
Proprio a Dogliani si svolge il Festival della tv: lei che rapporto ha con la televisione?
«Un rapporto uguale a zero. Non ce l’ho più nemmeno in casa. E quando vado in albergo, e sono spesso negli alberghi, e la trovo accesa, la spengo subito. Non è snobismo, è che non mi interessa».
E i social?
«So che sono importanti per la professione. E quindi professionalmente li frequento. Ma per il resto, il teatrino, hai visto questo, rispondi a quello, no, ne sto lontano».
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