Cappella della Sindone, concluso il restauro dell’altare

Andrea Parodi
La Stampa, 09/03/2021

L’attesa è finita. Ancora 20 giorni e poi (lockdown permettendo) potremo rivedere l’altare della Sindone restaurato. Gli occhi di Marina Feroggio, architetto dei Musei Reali e direttore dei lavori di restauro dell’altare del Bertola nella Cappella della Sindone, spuntano dalla mascherina. Uno sguardo intenso a osservare cosa ancora manca. Pochi dettagli: i due paliotti sugli altari, le quattro lanterne d’argento al lati della teca, i putti sulla balaustra. Sono gli ultimi tasselli per restituire, nella sua interezza, il capolavoro di Guarino Guarini al pubblico dopo un attento restauro reso possibile anche grazie ai fondi (poco più di 100 mila euro) della Fondazione Specchio dei Tempi.

Al momento la data dell’inaugurazione è martedì 30 marzo, in tempo per la Pasqua. Feroggio mostra anche uno speciale tappeto riscaldante che eviterà al pubblico di rimanere al freddo durante la visita. Solo le direttive governative delle prossime settimane (zona gialla, arancione o rossa) stabiliranno la data effettiva in cui si potrà rientrare nei Musei Reali, e quindi nella cappella. Quando venne riaperta, nel settembre 2018, quasi vent’anni dopo l’incendio, le architetture restaurate contrastavano nettamente con quello che venne subito ribattezzato «Il testimone silenzioso». L’altare della Sindone al centro della cappella, realizzato nel 1694 da Antonio Bertola, l’architetto che interviene sui lavori interni dopo la morte di Guarini, è rimasto annerito, mutilato e danneggiato sotto gli occhi dei visitatori. Feroggio lo indica con la mano. Venne anche proposto di lasciarlo così, a testimonianza dell’incendio. Invece, nonostante il Covid e i lockdown, il Consorzio San Luca negli ultimi mesi ha lavorato con una équipe di restauratori guidata da Tiziana Sandri.

«Nella tragedia dell’incendio – precisa – dobbiamo ringraziare che quasi tutti gli apparati lignei e argentei fossero ricoverati nell’attigua sacrestia, salvandosi dalle fiamme». Si è partiti da questi elementi superstiti, già esposti in una mostra nel 2010, compiendo un lavoro certosino per ricostruire quanto perduto e amalgamarlo a nuovi elementi e a nuove dorature. La balaustra dell’altare è tornata a essere sovrastata dagli otto putti in legno dorato, ognuno dei quali sorregge un simbolo della passione di Gesù, realizzati da Francesco Borello e Cesare Neurone. Intorno all’urna, che conteneva la teca originale della Sindone (ci è rimasta dal 1694 al 1992, tranne che in tre occasioni: Assedio di Torino del 1706, Prima e Seconda guerra mondiale) ci sono le statue degli angeli, solamente due, gli altri sono andati perduti. Sopra le quattro mensole in metallo torneranno a essere appese le affascinanti lanterne in argento. Quelle ottocentesche: le originali vennero fuse dai Savoia nel 1793 per finanziare le battaglie contro Napoleone. Lo stesso destino occorso ai candelieri e ai due putti, sempre in argento, alla base dei gradini. Feroggio mostra anche il tabernacolo realizzato da Carlo Genova, detto il Lacchetta, nel 1791, ancora con le punzonature di Vittorio Amedeo III.

Il grande assente è la placca in argento cesellato e sbalzato della Città di Torino del 1632, fino al 1992 incastonato nell’altare. Un’opera straordinaria: si tratta dell’ex voto che i decurioni della città fecero alla Sindone per ringraziare la fine dell’epidemia della peste del 1630. Ancora non si sa se verrà comunque esposta nell’attigua sacrestia del Duomo. «L’intento del restauro è stato quello di riproporre l’altare con la dimensione architettonica del Bertola – precisa la direttrice Enrica Pagella – senza esagerare con gli orpelli». Nei mesi successivi al rogo del 1997 i lettori de La Stampa donarono generosamente poco più di un miliardo e duecentomila lire dell’epoca. La Fondazione Specchio dei Tempi, in collaborazione con l’Associazione Amici di Palazzo Reale, che ha seguito la parte storico-artistica, ha potuto finanziare il restauro non solo dell’altare, ma anche quello dei monumenti sepolcrali sabaudi, oltre alla catalogazione di migliaia di frammenti residui dell’incendio, la realizzazione di un sistema informativo per individuare e ricollocare i frammenti.