Beppe Minello
La signora Grazia è appena entrata nel suo centesimo anno di vita. Purtroppo le sue condizioni di salute non sono, compatibilmente con l’età, al massimo. Riceve la Tredicesima dell’Amicizia di Specchio dei tempi in ospedale dov’è accudita dalla figlia Giuseppina di 57 anni e che, a dispetto dell’età, è la più “piccola” della sua numerosa famiglia formata da 7 figli, quattro femmine (la più vecchia ha 80 anni!) e tre maschi.
Quando si tocca il secolo di vita tutti i riferimenti tradizionali vanno un po’ a farsi benedire. Per dire, la signora Grazia è già trisnonna visto che i suoi figli le hanno regalato 14 nipoti che, a loro volta, hanno messo al mondo altri discendenti e fare un conto complessivo per nonna Grazia diventa un ostacolo insuperabile. “Sono tanti e qualche volta mi fanno una festa” dice in un catanese strettissimo. “Parla benissimo l’italiano, ma invecchiando non si esprime in nessun altro modo che il dialetto imparato in gioventù nella città etnea dove si era trasferta, da Paternò dov’è nata, con papà Salvatore” la soccorre la figlia Giuseppina.
Nonna Grazia è un po’ svanita ma di fronte al regalo dei lettori de La Stampa portato da Specchio dei tempi non trattiene la gioia. Ringrazia e si porta alle labbra la busta con il denaro. E’ una donna che sa da sempre quanto è sudato il denaro necessario a far crescere una famiglia numerosa, soprattutto quando perdi il marito ancora relativamente giovane: “Sono vedova da 40 anni…”, ricorda. Così come ricorda quanto fu difficile cavarsela con la pensione di reversibilità: 300 mila lire… ogni due mesi! La figlia Giuseppina, pure lei acciaccata non poco, ha solo occhi d’amore per la madre: “Raccoglieva ogni lira e, briciola dopo briciola, ricordo che riuscì a comprarmi per Natale un paio di scarpe Adidas sulle quali avevo messo il cuore e che sapevo non potermi permettere”.
Nonna Grazia ascolta, ma sembra assente. Eppure, a vederla lì, sulla sedia a rotelle che le dà fastidio perché scomoda, vestita con un golfino a suo modo elegante, i capelli bianchi pettinati accuratamente e uno sguardo che, a tratti, si illumina, capisci che quel guscio sempre più malandato racchiude la stessa energia che l’ha aiutata a crescere da sola la maggior parte dei suoi figli e anche dopo. “Fino a 92 anni – ricorda Giuseppina – viveva da sola: faceva la spesa, teneva in ordine la casa e fino a pochi anni prima e praticamente tutti i giorni andava, da via Forlì dove aveva casa, al Cimitero Generale sulla tomba di papà Salvatore”. Il nome del marito che, arrivato a Torino nel ‘72 sbarcava il lunario scaricando cassette ai mercati generali di via Giordano Bruno, riesce a destarla da un torpore che è solo apparente. “Lucidavo quella tomba con la cera – sorride al ricordo – e tra quelli che passavano c’era chi mi prendeva benevolmente in giro chiedendomi come pulivo la casa se per una tomba facevo tutto quel lavoro”.
Dai 92 in poi il tempo ha iniziato a presentare il conto a nonna Grazia. In continuo avanti e indietro dagli ospedali e qualche periodo di assistenza in Rsa. “Anch’io fatico un po’ a tirare avanti – interviene Giuseppina – e con tutti i guai di mia mamma ho pure saltato qualche affitto all’Atc che, ora vuole sfrattarla dall’alloggetto di via Forlì. Non so come faremo”. Nonna Grazia, che ne ha viste di tutti i colori, sembra non curarsi del problema: “Sono orgogliosa di avere raggiunto i 99 anni e spero di farne 100. E’ che non voglio morire per non lasciare sola mia figlia: come farebbe senza di me?”
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