Etiopia, pozzi italiani per dare speranza

Dal diario di Angelo Conti in Etiopia

In Corno d’Africa (Somalia, Etiopia orientale, Eritrea, Gibuti) l’acqua sta prima di tutto. Prima della casa, prima del lavoro, prima delle scuole, persino prima della salute. E’ l’elemento che regge tutto, che dà garanzia all’oggi e speranza al domani. E’ l’elemento cardine per indurre questa gente a restare, a costruire, a crescere nella terra dei propri padri.
Se non c’è acqua, non c’è niente. Nemmeno la pastorizia, che è l’unica ricchezza delle popolazioni che vivono ad esempio nello sterminato deserto dell’Afar, ogni giorno più grande perchè piove sempre di meno. Aspettando che gli agronomi riescano, anche con sementi geneticamente modificate, a far crescere mais, cereali, frutta e verdura.

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Questo lo sanno sia gli uomini della nostra Cooperazione Internazionale, sia i tanti rappresentanti delle Ong italiane che operano qui. Creando pozzi, stazioni di pompaggio, abbeveratoi e soprattutto creando energia elettrica per sostenere queste attività. Con il fotovoltaico che potrebbe essere la soluzione di tutto, ma che necessità di un percorso lungo e di investimenti mica lievi. In questi giorni che sto trascorrendo proprio nella terra desertica degli Afar, tutto questo mi appare sempre più chiaro. Scriverò un reportage, ma soprattutto lo terrò ben presente. Quando tornerò a parlare di Africa, di povertà, di migrazioni, ma anche di gente che resta e che vuol restare. E che dobbiamo aiutare.

Amina e la sua comunità di agricoltori ad Afar, Etiopia

Il Diario di Angelo Conti dall’Etiopia

Avrei tante cose da raccontarvi, stasera. La mia giornata, qui, nella regione desertica dell’Afar, fra l’Eritrea e Gibuti, è stata piena di cose, ma anche di tanta strada, di tanto caldo, anche di tanta fatica. Ci sarà tempo per un puntuale reportage nei prossimi giorni. Stasera (qui il sole è tramontato da parecchio) mi limito a farvi conoscere lo straordinario volto di Amina, una bimba di 6 anni che vive vicino a Chifra, in una comunità di agricoltori che coltiva ettari di terra strappati al deserto dalla Cooperazione Internazionale. Un ottimo modo per dare un futuro sicuro a questa gente, che altrimenti avrebbe come sola alternativa una complessa e pericolosa emigrazione verso altri paesi africani e anche verso l’Europa. Strategie solidali semplici, efficaci, non costosissime, sulle quali dovremmo tutti riflettere.